Vietare il cellulare a scuola è una soluzione?

una connessione diretta tra uso dei cellulari e disturbi resta difficile da stabilire

Il livello di educazione digitale ricevuto, la disponibilità di attività alternative e il modello di comportamento dei genitori influenzano il modo in cui i ragazzi utilizzano la tecnologia. Per questo, non si può generalizzare il problema e applicare soluzioni uniche a contesti diversi

data di pubblicazione:

25 Marzo 2025

L’hanno già messo in atto alcune scuole di paesi europei e non: il divieto dell’uso del cellulare durante le lezioni. Sul sito ilbolive.unipd.it un articolo cerca di capire se il divieto è veramente efficace nell’influenzare positivamente o meno gli studenti.

E lo fa partendo dai dati di una ricerca pubblicata da The Lancet Regional Health Europe, che ha cercato di valutare l’efficacia delle politiche scolastiche che vietano l’uso degli smartphone e il loro impatto effettivo su vari aspetti della vita degli studenti, tra cui il benessere mentale, l’attività fisica, il sonno e il rendimento.

La ricerca ha coinvolto 1.227 studenti tra gli 11 e i 18 anni provenienti da 30 scuole secondarie in Inghilterra. In alcune era presente la proibizione in altre no. Si trattava di auto compilare un questionario che indagava diversi aspetto legati all’utilizzo quotidiano dello smartphone. Anche se secondo l’articolo i questionari auto compilati hanno diversi limiti (a seconda del momento e del contesto i ragazzi e ragazze possono sottostimare o sovrastimare alcune risposte) i risultati possono comunque dare diverse indicazioni.

“Quello che emerge da questo lavoro è che vietare lo smartphone a scuola non migliora la vita degli studenti, almeno nel breve termine.

L’analisi dei dati ha rivelato che gli studenti delle scuole con politiche restrittive sull’uso degli smartphone riportavano una riduzione media di 40 minuti nell’uso del telefono e di 30 minuti nell’uso dei social media durante l’orario scolastico rispetto agli studenti delle scuole senza tali politiche, ma questo non corrispondeva a una riduzione dell’uso complessivo (quindi gli studenti recuperavano in altre fasce orarie). Tra i due gruppi non è emersa alcuna differenza significativa in termini di benessere mentale, attività fisica, qualità del sonno, risultati scolastici e tendenza a disturbare in classe”.

Ma cosa sta dietro all’idea che l’uso dei cellulari influenzi negativamente i giovani? Le ricerche, anche se con un campione rappresentativo, spesso non tengono conto di diverse variabili quando indagano questo tema, generando un allarmismo eccessivo.

“Eppure Tiziana Metitieri, neuropsicologa clinica infantile all’ospedale Meyer di Firenze, ci spiega che non esistono prove solide a sostegno dell’idea che il cellulare in sé causi problemi psicologici o educativi. Gli studi più rigorosi non evidenziano un legame diretto tra l’uso dello smartphone e il malessere mentale, mentre quelli che lo fanno hanno dei problemi di metodo alla base: spesso nella scelta del campione si tende a generalizzare senza considerare il contesto individuale”.

Secondo Metitieri il rapporto problematico con i dispositivi potrebbe essere un sintomo di una condizione di disagio e non la sua causa.

“Gli adolescenti più vulnerabili come quelli che hanno subito bullismo o che provengono da contesti socioeconomici difficili, potrebbero avere un uso problematico del telefono (e non una dipendenza da cui disintossicarsi), ma questo non significa che sia lo smartphone a generare il loro malessere. Il livello di educazione digitale ricevuto, la disponibilità di attività alternative e il modello di comportamento dei genitori influenzano il modo in cui i ragazzi utilizzano la tecnologia. Per questo, non si può generalizzare il problema e applicare soluzioni uniche a contesti diversi”.

La soluzione del divieto per Metitieri non rappresenta una via percorribile, in quanto i cellulari ormai fanno parte della nostra vita, sopratutto per quanto riguarda i giovani, che sono cresciuti con questi dispositivi.

Secondo lei “(…) invece di imporre divieti inefficaci, sarebbe più utile educare i ragazzi a un uso consapevole della tecnologia: insegnare loro a riconoscere contenuti dannosi, a gestire il proprio tempo online e a sviluppare autonomia digitale è una strategia più efficace rispetto alle misure repressive. Anche le scuole dovrebbero adottare un approccio più equilibrato, utilizzando il telefono come strumento didattico e insegnando agli studenti come sfruttarlo in modo positivo, invece di demonizzarlo”.

 

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