hikikomori: l’importanza di un approccio multidisciplinare

il problema non è solo individuale, ma anche sociale e culturale

Le descrizioni cliniche di hikikomori si focalizzano sull’idea dell’isolamento come sintomo legato a problematiche psicologiche di adattamento. Come per tutti i comportamenti non statisticamente comuni che vengono descritti come malattie, questo approccio ha portato a trattamenti clinici, in questo caso basati su psicoterapia e, talora, su farmaci​. Tuttavia, tali modelli di spiegazione e di intervento finiscono per trascurare i fattori sociali e culturali che contribuiscono al fenomeno

data di pubblicazione:

28 Febbraio 2025

Considerare l’hikikomori solamente come un disturbo del comportamento è limitante.  Si tratta di una affermazione di Stefano canali che si trova in un articolo presente sul sito psicoattivo.it.

Secondo Canali il ritiro sociale volontario da parte di tanti giovani è frutto di un insieme di diversi fattori. Da qui la considerazione che per trovare delle soluzioni c’è bisogno di un approccio che unisca supporto psicologico, educativo e sociale per ricostruire legami e opportunità.

Partendo dai dati di una ricerca italiana nelle scuole superiori Canali ricorda che “(…)  tra il 2019 e il 2022 c’è stato un aumento dei giovani che trascorrono il tempo libero da soli (+5,7%) e una diminuzione delle interazioni settimanali con amici in presenza (-7,7%)​. Questo cambiamento ha portato a una esponenziale espansione del numero di adolescenti che trascorrono il tempo libero in completa solitudine. La percentuale di questi giovani è passata dal 15,8% del 2019 al 39,4% del 2022″.

Quali sono le origini dell’hikikomori ? “Le descrizioni cliniche di hikikomori si focalizzano sull’idea dell’isolamento come sintomo legato a problematiche psicologiche di adattamento. Come per tutti i comportamenti non statisticamente comuni che vengono descritti come malattie, questo approccio ha portato a trattamenti clinici, in questo caso basati su psicoterapia e, talora, su farmaci​. Tuttavia, tali modelli di spiegazione e di intervento finiscono per trascurare i fattori sociali e culturali che contribuiscono al fenomeno“.

Per questo l’articolo passa ad analizzare quali fattori possono influenzare questo comportamento. Per prima cosa si prende in considerazione la possibilità che questo sia una manifestazione di protesta passiva rispetto a condizioni di instabilità economica e sociale.

Una instabilità che chiama in causa il concetto di anomia, come descritta dal sociologo Émile Durkheim per descrivere situazioni di insufficiente regolazione sociale e normativa.

Secondo Canali questo concetto “(…) può fornire una prospettiva utile per comprendere come l’isolamento sociale non sia soltanto una questione psicologica individuale, ma anche una risposta a disfunzioni sociali, culturali ed economiche”.

Una anomia che si sviluppa nelle società moderne, caratterizzate da mobilità sociale e cambiamenti culturali rapidi che possono far perdere i punti di riferimento tradizionali.

Tutti elementi che possono concorrere a creare uno squilibrio tra desideri e le infinite opportunità che la società sembra offrire. Di fronte a queste infinite possibilità nasce il senso di inadeguatezza dei giovani, che si sentono impossibilitati a realizzare i loro desideri e quindi la decisione di un ritiro che appare l’unica decisione possibile.

In aggiunta a questo si segnala la frammentazione delle principali agenzie di socializzazione, quali scuola, famiglia e lavoro, che non rappresentano più un sostegno agli individui come in passato. In alcuni casi addirittura queste agenzie rappresentano un ostacolo ai percorsi di autonomia e accettazione così importanti per il giovane che si ritrova in condizione di isolamento.

Un mercato del lavoro troppo rigido e famiglie con pochi strumenti per affrontare situazioni di fallimento dei figli e figlie sono fattori che possono facilitare la caduta nell’isolamento sociale.

Per questo motivo le politiche sociali possono, al contrario, rappresentare delle scelte a sostegno dei singoli individui per facilitare i loro percorsi di inserimento.

Di fronte a queste interpretazioni Canali propone un approccio multidisciplinare che integri prospettive sociologiche, psicologiche e culturali. Un approccio che non si limiti a vedere l’hikikomori come un problema individuale e una patologia mentale, ma anche come una questione sistemica legata a trasformazioni sociali ed economiche​.

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