MAFIE, DROGHE E CODICI CULTURALI

data di pubblicazione:

24 Agosto 2022

In un’intervista Vincenzo Musacchio, esperto antimafia, riflette sui legami fra culture popolari,  droghe e mafie. Secondo Musacchio, le organizzazioni criminali di stampo mafioso utilizzano sempre più i principali linguaggi artistici (in particolare cinema e musica) per veicolare i propri codici e valori, proponendo immaginari “seducenti” fra i più giovani. E’ il caso non solo di fiction di successo globale come Gomorra, ma anche dei testi di musicisti neo-melodici o di trap che inneggiano a violenza, soldi facili e illegalità, sfide alla polizia, omertà. Secondo Musacchio le mafie sono sempre più abili a ricercare e a veicolare consenso sul piano culturale: “Nei primi anni 2000 ci fu un episodio che destò un certo clamore perché dimostrò come si potesse con facilità esportare all’estero non solo il meglio del made in Italy, ma anche massaggi tradizional popolari di infimo livello: la pubblicazione di tre cd musicali all’interno della raccolta “Il canto di malavita – la musica della mafia”. La collana conteneva delle “canzonette” in dialetto calabrese, spesso con un incipit di versi in prosa, dai titoli inequivocabili quali: “Omertà”, “Cu sgarra, paga”, “Appartegnu all’Onorata”, “I cunfirenti”, “Pi fari u giuvanottu i malavita”. L’operazione commerciale consegui un discreto successo non tanto sulle bancarelle calabresi, quanto in Germania. Secondo il suo parere, questo avvenne a causa dei numerosi immigrati italiani presenti in quel Paese o a causa del fascino suscitato anche all’estero da una mafia all’apparenza rude e contadina, pregna di valori quali l’onore, il rispetto e l’omertà?
Penso che molto abbia influenzato il fascino creato attorno alla mitizzazione dei mafiosi. Stiamo assistendo – e non da ora – a un vero e proprio boom di serie televisive e di cantanti neomelodici incentrate sulla esaltazione della criminalità organizzata italiana, di ieri e di oggi, dove spesso si celebra il boss, quasi idolatrato. Questa immagine naturalmente arriva anche all’estero. In Germania poi il fenomeno mafia non è ancora percepito a pieno nella sua forte pericolosità criminale. Tanti ragazzini disagiati entrano nei clan con spirito imitativo, influenzati anche dalle canzoni in onda in televisione e nelle radio che sempre più spesso esaltano la mafia e la vita agiata dei vari boss.

Quali possono essere le analogie tra “musica della mafia, della Camorra, della ‘Ndrangheta” ed il fenomeno dei “narcocorridos” in Messico?
Qui vedo maggiori affinità poiché i narcorridos raccontano storie di signori della droga, arresti, sparatorie, operazioni coraggiose e tradimenti, esaltando al massimo quel mondo criminale. La stessa cosa anche se a volte con minore enfasi accade con i cantanti della mafia, della Camorra, della ‘Ndrangheta.

Cosa pensa della rappresentazione della criminalità fatta dai media attraverso film, serie tv, musica, videogiochi e social network? L’eccessivo “neorealismo” nella narrazione può essere deleterio soprattutto a chi non ha gli strumenti comunicativi e culturali per capire la peculiarità della forma artistica o il bisogno di raccontare la realtà “nuda e cruda” deve prevalere su tutto?
Credo che si possa e si debba sempre parlare delle mafie, il problema essenziale è sempre lo stesso: come lo si fa? Se guardo “I Cento Passi” di Marco Tullio Giordana mi piace il suo messaggio, mentre quando ho visto “Il Capo dei Capi” o la stessa serie “Gomorra” intravedo mitizzazione mafiosa – forse involontaria – ma il rischio purtroppo c’è, basta guardare alla Napoli attuale dove ogni giorno una nuova camorra di ragazzini sta insanguinando la città e in alcuni casi s’ispira alla miniserie tratta dal libro di Saviano.  La problematica è molto delicata è una questione di pesi e contrappesi, ma la libertà di espressione deve tuttavia prevalere, anche se, dopo i film, sarebbe bello dibattere magari soprattutto in famiglia e nelle scuole, ma comprendo di pretendere troppo. Mi piacerebbe che il pubblico televisivo o cinematografico, incuriosito da un film, non se ne accontenti guardandolo spesso passivamente ma voglia provare a capire di più. Consiglierei al lettore a tal proposito un bellissimo libro di Karl Popper dal titolo “Cattiva maestra televisione”.

Nel primo semestre del 2022 il catanese Niko Pandetta, nipote del boss Salvatore Cappello (capo dell’omonimo clan legato alla Stidda), è arrivato a ridosso della top 50 degli album più venduti con il suo “Bella vita” al cui interno, si leggono titoli quali: “Non fotti con la gang”, “Pistole nella Fendi”, “Scappo vado via (c’è la Polizia)”. Lo stesso personaggio è balzato agli onori della cronaca per aver omaggiato lo zio con il brano “Dedicato a te” che, in un passaggio recita esplicitamente: “Zio Turi io ti ringrazio ancora per tutto quello che fai per me, sei stato tu la scuola di vita che mi ha insegnato a vivere con onore, per colpa di questi pentiti sei chiuso là dentro al 41 bis”. In alcune interviste ha ammesso, a parole, l’errore nell’aver veicolato determinati messaggi, salvo in seguito continuare a proporre testi dello stesso tenore o farsi tatuare sul viso segni quali un kalashnikov, una croce e le scritte “silence” e “revenge”. Secondo il suo parere, al di là di una questione di semplice coerenza tra parole e azioni o di melodie tutto sommato orecchiabili con refrain e top-line semplici da memorizzare, perché il soggetto in questione continua a ricevere centinaia di inviti per concerti o serate da parte dei manager del settore, salvo essere in gran parte annullati dalle autorità preposte?
Mi concentrerei anche in questo caso su un altro aspetto. Il vero problema non è tanto nei giovani che partecipano a simili eventi, ma è molto di più in chi li organizza e li alimenta. Si tratta spesso anche di enti locali. Mi preoccupa tuttavia molto il fatto che tanti ragazzi seguano questo tipo di cantanti che esaltino mafia e boss mafiosi. Questo, ribadisco ancora, significa che il sistema educativo e culturale della nostra gioventù presenta molte falle. Il fenomeno riguarda tutto il Paese. Non credo che siano questi gli esempi da seguire per i nostri figli. Esaltare la mafia non è mai una cosa da apprezzare, anzi è da disprezzare sempre e con gran forza. Agli amministratori pubblici che organizzano simili concerti, mi permetto di suggerire dopo l’esibizione del cantante neomelodico, un bell’incontro sulle mafie e sulle tantissime vittime delle stesse. Sarebbe bello, ma credo utopico, che a questo incontro ci fossero più giovani che all’esibizione di un Niko Pandetta qualunque.”

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