L’uso, e in alcuni casi l’abuso, di bevande alcoliche è un fenomeno approdato di recente nell’universo femminile: nel corso degli ultimi venti anni in Europa si è verificato un progressivo aumento del consumo di bevande alcoliche tra le donne, in particolare tra le adolescenti. Per valutare correttamente il rischio che potrebbe derivarne per la salute, è necessario tener conto di alcuni fattori come la quantità di alcol assunta, la frequenza del consumo, il tipo di bevanda, la concomitanza o meno con i pasti, le condizioni di salute e l’eventuale impiego di farmaci, la capacità dell’organismo di smaltire l’alcol in base al sesso e all’età.
È importante considerare che nelle donne la quantità di alcol che lo stomaco è in grado di metabolizzare è, in genere, quattro volte inferiore a quella dell’uomo per la presenza di quantità più basse dell’enzima destinato a tale funzione.
Nel periodo della gravidanza il consumo di alcol rappresenta un rischio non solo per la salute della donna ma, soprattutto, per quella del nascituro che potrebbe subire danni permanenti. Infatti, anche minime quantità di alcol possono pregiudicare la salute e lo sviluppo del feto e aumentare il rischio che si verifichi un aborto spontaneo, un parto prematuro e un basso peso alla nascita.
Attraverso la placenta, l’alcol giunge direttamente nel sangue del feto che, non essendo in grado di metabolizzarlo come una persona adulta, è esposto più a lungo ai suoi effetti nocivi. La situazione si complica nel caso di gravidanze non pianificate che rappresentano, soprattutto nelle giovani donne di età compresa tra i 16 e i 19 anni, quasi la metà di tutte le gravidanze. In questo caso, il rischio che il feto sia esposto ai possibili danni causati dall’alcol è molto alto poiché gli organi vitali, quali cuore, cervello e scheletro, si formano durante i primi 10-15 giorni dopo il concepimento, quando la futura mamma è spesso inconsapevole del suo nuovo stato. La ricerca internazionale ha evidenziato che mediamente, nel mondo, circa il 60% delle donne beve alcol in un qualche momento della gravidanza. Anche in Italia il 50-60% delle donne incinte continuano a bere alcolici.
Il riconoscimento delle alterazioni provocate dall’alcol sullo sviluppo del feto all’interno dell’utero (sviluppo intrauterino) è avvenuto solo recentemente, alla fine degli anni Sessanta. Da allora, studi sempre più numerosi, condotti in tutto il mondo, hanno permesso di definire meglio la tipologia dei danni al feto conseguenti all’esposizione prenatale all’alcol che sono stati inclusi nel termine “spettro dei disordini feto-alcolici” (fetal alcohol spectrum disorder – FASD). Questa definizione è un termine “ombrello” che si riferisce a tutte le anomalie e le disabilità fisiche, mentali, comportamentali e sociali che possono presentarsi, anche per tutta la vita, in diversi modi e con differenti livelli di gravità, a causa dell’esposizione del feto all’alcol.
Le disabilità si dividono in primarie (o principali) e secondarie.
Le disabilità primarie riflettono i principali danni nell’aspetto esteriore e le alterazioni neuropsicologiche rientranti nello spettro dei disordini feto alcolici. Essi includono:
anomalie facciali
ritardo nell’accrescimento
difformità nello sviluppo neurologico del sistema nervoso centrale con disfunzioni comportamentali e cognitive
Le disabilità secondarie compaiono più tardi nel corso della vita e si ritiene siano il risultato di complicazioni dovute ai mancati accertamenti (diagnosi) e cura delle disabilità primarie. Consistono in:
problemi di salute mentale
mancanza di vita autonoma
problemi con il lavoro
esperienza scolastica fallimentare
problemi con la legge
isolamento
comportamento sessuale inappropriato
La maggior parte dei casi di “spettro dei disordini feto-alcolici” non sono, ad oggi, facilmente diagnosticati e dunque non sono trattati in modo appropriato. Si pensa che una percentuale compresa tra il 4 e il 40% di donne che bevono quantità rilevanti di alcol in gravidanza, partorisca bambini con danni di vario grado causati dall’alcol, ma non sono disponibili dati accurati sul numero di bambini che manifestano disturbi causati dall’esposizione all’alcol nelle diverse parti del mondo. Inoltre, non si conoscono le cause per cui alcuni neonati nascano con danni più gravi rispetto ad altri, anche se è ragionevole pensare che ciò possa dipendere dalla combinazione dell’abuso di alcol con fattori genetici, cattiva nutrizione, fumo e/o abuso di droghe. Tuttavia, l’accertamento del danno prima dei 6 anni e un intervento mirato possono diminuire il manifestarsi delle disabilità secondarie ed attenuare la loro progressione.
Lo studio più recente, del 2011, riferisce che nella popolazione italiana un 8% di neonati è risultato esposto all’alcol materno. Lo studio ha stimato in 7 città italiane la prevalenza dell’esposizione prenatale all’alcol, in particolare nella capitale e una correlazione significativa tra la percentuale più alta di esposizione prenatale e alcune caratteristiche sociodemografiche materne (basso livello di istruzione e età più giovane).