I videogiochi: oltre gli stereotipi

spesso gli adulti giocano senza saperlo

Oggi le donne che giocano sono diventate la metà del totale. Questo ha un suo peso nella produzione dei giochi stessi. Da questo si può ragionare su come sono cambiati i videogiochi dalla prospettiva di chi li crea

data di pubblicazione:

19 Febbraio 2025

L’industria del gaming vale più di quella cinematografica e musicale messe insieme. L’Italia è il nono mercato al mondo in termini di entrate (2022) con 14 milioni di persone che giocano e un’età media di 30 anni. Solo per questi numeri varrebbe la pena approfondire maggiormente questo argomento che, nonostante le sue dimensioni, viene spesso liquidato dagli adulti come perdita di tempo o addirittura dannoso.

Un libro cerca di fare luce su questo argomento. Si tratta di Game culture, di Francesco Toniolo, che riprendendo i numeri della sua diffusione distingue tra quelli che giocano su smartphone e tablet e quelli che giocano su consolle e pc.

I secondi sono più consapevoli di giocare mentre i primi molto meno e questo potrebbe rappresentare un rischio. Una platea di giocatori sempre più vasta e composita. Guardando le statistiche i giocatori sono spesso adulti, molti sono anziani e ci sono sempre più donne.

Per Toniolo, “Oggi le donne che giocano sono diventate la metà del totale. Questo ha un suo peso nella produzione dei giochi stessi. Da questo si può ragionare su come sono cambiati i videogiochi dalla prospettiva di chi li crea”.

Tutti cambiamenti che hanno portato all’esplosione della cultura del videogioco relegando al passato la figura del nerd, ossia la figura stereotipata “(…) del ragazzino poco socievole, chiuso nella sua cameretta, solo o al massimo con un altro paio di amici, nerd come lui”.

Rimanendo sul piano degli stereotipi ce ne sono altri che il libro affronta. A cominciare da quello che il videogioco spinge a comportamenti violenti. Una “(…) credenza che non è mai stata dimostrata, nonostante molti studi abbiano provato a cercare le prove più e più volte”.

Anche la credenza che limiti la creatività viene smontata dall’autore. Esistono giochi di strategia, o giochi con intenti educativi dichiarati, come gli  applied games o serious games, che insegnano attraverso simulazioni ludiche.

Chiaramente anche in questo ambito esiste l’abuso, che come in altri settori rappresenta un rischio per la salute. Ma esistono, secondo Toniolo anche “(…) videogames che possono salvare la vita. Alcuni medici usano i videogiochi anche in maniera terapeutica, per migliorare la salute mentale e fisica”. Se affrontano temi temi come la salute mentale i videogiochi possono far sentire meno soli i giovani.

Questo vale anche per il ritiro sociale. “Per i giovani hikikomori – dice Toniolo – occorre ribaltare la prospettiva. Molti pensano che il videogioco partecipi a isolare un ragazzo mentre spesso rimane l’unica finestra aperta sul mondo esterno. Non dovrebbe essere visto come il lucchetto ma come la chiave che permette di aprire uno spiraglio perché, almeno attraverso il gioco online, si mantengono dei contatti che potranno tornare utili. Vale la pena, a maggior ragione in questo caso, di evitare il pregiudizio”.

 

Rivista Lavialibera – n° 30 – 2024

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