USO DISTRUTTIVO DI SOSTANZE E VUOTO DI CULTURA IN OCCIDENTE

negli ultimi decenni sembra essersi persa, almeno nelle civiltà occidentali, la capacità di pensare ad un futuro migliore del presente e, soprattutto, di lavorare per costruirlo davvero

continua a non essere spiegata e spiegabile la scelta dei mercati illeciti di produrre e distribuire sostanze così potenti e poco maneggevoli da provocare una strage nei loro clienti

data di pubblicazione:

12 Agosto 2024

Nella società nordamericana, ma in realtà nell’Occidente tutto, l’uso distruttivo di sostanze si accompagna sempre più a una condizione diffusa di sfiducia e di vuoto culturale. Questa è la tesi di fondo di un breve articolo di Riccardo Gatti, medico psichiatra ed esperto di droghe. Si tratta quindi, oltre a implementare norme efficaci e a garantire cure adeguate, di ricostruire un’idea di cultura e di futuro diversa da quelle egemoni.

“Finchè le nostre politiche sui farmaci si concentreranno sul trattamento dei sintomi, la manifestazione a valle di un’economia, di una società e di una cultura che ha lasciato così tante persone indietro, la malattia vera e propria non verrà curata”.

È una importante considerazione, parte di una interessante e spietata analisi della Redazione ADUC sulla società USA, in relazione all’uso di droghe ed alle overdosi. Una spiegazione coerente rispetto a persone disperate che, non avendo più nulla da perdere, perdono anche la vita. Una spiegazione quasi perfetta, ma che solleva altri interrogativi, perché non sono solo queste persone a morire di droga e perché continua a non essere spiegata e spiegabile la scelta dei mercati illeciti di produrre e distribuire sostanze così potenti e poco maneggevoli da provocare una strage nei loro clienti.

E se è vero che “i modelli politici dominanti sono completamente separati dal dolore emotivo che scaturisce dalle strutture sociali ed economiche odierne che alimentano l’uso compulsivo di sostanze altamente letali” e “che i tassi di recupero tra medici, piloti di linea e altri professionisti sono molto più alti rispetto alla popolazione generale” è anche vero che le stesse classi dominanti sono coinvolte pesantemente, sebbene in modo diverso, in questa catena di alterazione, dipendenza e morte, mentre “il pendolo politico oscilla tra la liberalizzazione e l’allentamento delle leggi sulla droga verso un’applicazione più aggressiva e dura”. I risultati sono ogni volta controversi e non sembrano modificare realmente la situazione, mentre esiste una “dilagante sfiducia nelle istituzioni americane” da parte dei cittadini.

Forse ciò che non si è ancora compreso è che lavorare di continuo per garantire l’accessibilità a cure appropriate è assolutamente importante, almeno quanto una legislazione adeguata ai tempi ed ai bisogni, ma che, negli ultimi decenni sembra essersi persa, almeno nelle civiltà occidentali, la capacità di pensare ad un futuro migliore del presente e, soprattutto, di lavorare per costruirlo davvero.

La sfiducia nelle istituzioni e nella politica è, a mio parere, solo una parte di questo problema. Quando da ragazzino parlavo un po’ ingenuamente dei problemi legati all’uso di droghe, c’era chi, più grande di me, mi rispondeva “non penserai di cambiare il mondo, per risolverli?”. Diceva Pier Paolo Pasolini che la gente “si droga per mancanza di cultura” (Il caos. L’orrendo universo del consumo e del potere”) e che la droga diventa un modo per riempire questo vuoto.

Da allora ad oggi il mondo è cambiato, per alcuni più velocemente che per altri, aumentando i divari sociali, ma è cambiato per tutti. Quel vuoto citato da Pasolini, però, mi sembra ancora più grande ed il mass market delle droghe è fatto apposta per riempirlo, costi quello che costa.

Per questo penso che, per affrontare davvero i problemi legati al consumo di droghe, sia necessario lavorare per ricostruire la nostra cultura, per colmare quel vuoto, e ridare la speranza rispetto alla costruzione attiva di un futuro migliore del presente, almeno alle generazioni più giovani.

Sarò ancora un ingenuo, lo ribadisco, ma, per non parlare solo della società USA, interroghiamoci su ciò sta accadendo a tutti coloro che, nelle nostre città si stanno accostando ai consumi di crack, e di altre sostanze, autodistruggendosi, se non nel fisico, nella mente. Anche loro, pur essendo giovani, non hanno più nulla da perdere?

Fino a quando considereremo l’uso distruttivo di droghe solo un problema e non la conseguenza di un problema, fino a quando continueremo a proporre improbabili e limitate soluzioni di bandiera, ben convinti che, in fondo, più di tanto non si può fare, credo che la situazione continuerà a peggiorare.”

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