L’ECCESSO DI ATTENZIONE DEI SOCIAL SULLA SALUTE MENTALE

un eccesso di interesse verso questa tematica potrebbe avere anche effetti negativi

E' un segno di progresso quando diagnosi che un tempo venivano sussurrate in vergognosa segretezza entrano nel nostro vocabolario quotidiano e perdono il loro stigma. Ma soprattutto sui social, dove gli algoritmi intensificano nei feed di determinate persone la visualizzazione di contenuti incentrati su traumi, attacchi di panico e disturbi della personalità, la maggiore consapevolezza dei problemi di salute mentale rischia di incoraggiare la patologizzazione di emozioni comuni.

data di pubblicazione:

9 Agosto 2024

Parlare troppo di salute mentale sui social media potrebbe avere effetti negativi. Secondo un articolo apparso sul POST se da una parte affrontare il tema della salute mentale contribuisce ad abbattere lo stigma nei suoi confronti, dall’altro potrebbe avere conseguenze negative se fatto in modo approssimativo e superficiale. Se sul tipo di correlazioni tra social e salute mentale non c’è accordo tra i professionisti, l’accordo c’è rispetto all’eccessiva attenzione sul tema generata dai social. 

Tra gli aspetti  negativi che questa attenzione potrebbe generare ci sarebbe “(…) l’inclinazione di molte persone ad autodiagnosticarsi disturbi mentali. Spesso è un’autodiagnosi fatta sulla base di descrizioni approssimative e parziali da loro apprese attraverso brevi video pubblicati sui social da persone con obiettivi, interessi e standard etici molto eterogenei, sia che abbiano sia che non abbiano una formazione professionale.”

Il principale rischio di questa tendenza è che le autodiagnosi, giuste o sbagliate, bastino ad alcuni pazienti per decidere di gestire in autonomia problemi che richiederebbero invece l’intervento di psichiatri, psicologi o psicoterapeuti, cioè di personale specializzato e diverso a seconda dei casi. L’altro rischio, laddove i pazienti decidano più opportunamente di rivolgersi a un professionista, è che al lavoro necessario per diagnosticare e trattare eventuali malattie mentali si aggiunga un ulteriore e necessario lavoro preliminare di sradicamento della convinzione del paziente di avere una malattia diversa.”

Altre conseguenze potrebbero essere la semplificazione di alcune patologie complesse e ben definite dal punto di vista clinico. Un processo quello della semplificazione che si adatta bene al linguaggio dei social, ma che rischia di essere fuorviante rispetto ad una valutazione corretta dei sintomi, soprattutto se avviene tramite la visione di un video.

Sensibilizzare sui temi della salute mentale è importante, ma va fatto con le dovute modalità. Da alcuni esperimenti sul tema, fatti con gli adolescenti australiani, sono emersi anche risultati contrastanti, non sempre positivi. Probabilmente la quantità di informazioni che vengono fornite loro non sempre viene appresa o mancano gli strumenti per padroneggiarla. In alcuni casi sembra che queste informazioni abbiamo esacerbato alcune situazioni problematiche. Ipotesi questa che è stata definita «inflazione da prevalenza»: il fatto che una maggiore consapevolezza dei problemi mentali porti le persone a parlare di normali problemi della vita quotidiana in termini di «sintomi» e «diagnosi».

“In linea generale è possibile affermare che una parte della popolazione nei paesi sviluppati sia sottoesposta e un’altra sovraesposta alle campagne di sensibilizzazione sulla salute mentale. Di quella sovraesposta e tendenzialmente più giovane potrebbero far parte anche adolescenti che stanno ancora sviluppando la loro identità e che a fronte di sintomi lievi o transitori potrebbero essere inclini ad attribuire un significato eccessivo a definizioni e categorie.”

In conclusione secondo la psicologa clinica Darby Saxbe,«è un segno di progresso quando diagnosi che un tempo venivano sussurrate in vergognosa segretezza entrano nel nostro vocabolario quotidiano e perdono il loro stigma». Ma soprattutto sui social, dove gli algoritmi intensificano nei feed di determinate persone la visualizzazione di contenuti incentrati su traumi, attacchi di panico e disturbi della personalità, la maggiore consapevolezza dei problemi di salute mentale rischia di incoraggiare la patologizzazione di emozioni comuni. E rischia di favorire una tendenza a considerare i problemi quotidiani come insormontabili: «Invece di dire “sono nervoso per X”, un adolescente potrebbe dire “Non posso fare X perché ho l’ansia”».

 

 

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