Un educatore occupato presso una cooperativa reggiana, arrestato presso la stazione ferroviaria di Reggio Emilia con l’accusa di possesso di droghe sintetiche, ha pubblicato una interessante lettera aperta sulla stampa locale. Scopo dell’educatore è non solo di fornire la propria versione dei fatti, ma di affermare, nelle sue parole “la volontà di aprire un dibattito su questi argomenti, perché se si ritiene che il tema “sostanze” sia importante, non possiamo più permetterci di affrontarlo in maniera così grossolana e ideologica.”
L’educatore affronta in maniera aperta e sincera il tema del suo consumo di sostanze, distinguendolo però nettamente dal proprio ruolo lavorativo. L’occasione è colta anche per mettere in luce la differenza sostanziale fra dipendenza e uso consapevole di sostanze.
“Io lavoro con persone con problemi di dipendenza e consumi problematici da 13 anni. Ho negato di lavorare in una comunità di recupero, come scritto nei primi articoli, perché il mio ambito di lavoro è la riduzione del danno. Lavoriamo cioè con consumatori attivi di sostanze, spesso non motivati al cambiamento, con l’obiettivo di ridurre il più possibile i danni a se stessi e al tessuto sociale del territorio correlati al consumo.
Proprio per questo mi è ben chiara la differenza fra stato alterato di coscienza e dipendenza e fra sostanze con un alto profilo di rischio e problematicità, come eroina e cocaina, ed altre che, al contrario, possono essere utilizzate in modalità consapevole e controllato.
Uno dei principi del mio lavoro è che non è lo stato alterato di coscienza in sé ad essere negativo e oggetto di lavoro, ma i comportamenti correlati: se una persona, per consumare sostanze, arriva a commettere reati, avere profili di pericolosità sociale o anche semplicemente a rovinare relazioni personali a cui tiene o a spendere più soldi di quanto vorrebbe, ad esempio, siamo in presenza di un problema su cui lavorare.
Se al contrario l’utilizzo di sostanze non compromette la qualità della vita e non arreca danno ad altri, siamo in presenza di un consumo consapevole. Io mi ritengo senza dubbio un consumatore consapevole di party drugs, cioè di sostanze empatogene, piuttosto che eccitanti o rilassanti, che non utilizzo nella mia quotidianità ma solo in contesti di festa ben precisi, insieme a persone adulte e consenzienti come me.
Sono cosciente di come questa distinzione, molto chiara ai professionisti del settore, non sia contemplata dalla legge italiana in materia di stupefacenti e che, dunque, non mi assolva di per sé a livello legale. E, certamente, mi prenderò la responsabilità delle mie azioni, come ho sempre fatto.
L’invio di questa lettera ha però anche un altro obiettivo, che considero altrettanto importante e prioritario: la volontà di aprire un dibattito su questi argomenti, perché se si ritiene che il tema “sostanze” sia importante, non possiamo più permetterci di affrontarlo in maniera così grossolana e ideologica.
E se vogliamo davvero affrontare il problema del degrado delle nostre città correlato alla marginalità e ai consumi, non possiamo prescindere da una lettura approfondita, competente e pragmatica della realtà, superando termini ombrello senza significato reale come “droga” o “sballo” e parlando nello specifico dei problemi nella loro complessità e delle possibili soluzioni nella loro fattibilità ed efficacia.
Ultima riflessione: io posso ritenermi, rispetto alla legge, un privilegiato: ho una famiglia unita che, anche se culturalmente non comprende queste mie scelte, mi sostiene. Ho il rispetto dei colleghi e una rete di amicizie e relazioni importante, posso pagare le spese legali e ho gli strumenti culturali per spiegare i miei comportamenti e difendermi. Posso affrontare al meglio questa situazione.
Ma se fossi stato precario, figlio di famiglia monoreddito, non attivo politicamente piuttosto che straniero in attesa di permesso di soggiorno, mi avrebbe completamente rovinato la vita. Ritengo questo punto particolarmente sensibile e mi piacerebbe studiare modalità di azione politica o attivismo che possano in futuro essere utili a chi dovesse trovarsi nella mia stessa situazione, a causa di una condotta di vita personale e scelta liberamente, senza aver arrecato danni ad alcuno.”