SENTENZA DELLA CASSAZIONE SU COLTIVAZIONE DI UNA PIANTA DI CANNABIS

Le motivazioni di una sentenza di assoluzione della Cassazione su coltivazione di cannabis

data di pubblicazione:

22 Aprile 2023

La sentenza impugnata va annullata senza rinvio, perché il fatto non sussiste: questa la conclusione della Cassazione, che con la sentenza  n. 11901/2023 ha disposto la non rilevenza penale della coltivazione di una pianta di cannabis in un giardino domestico. In questo caso, richiamando l’importante pronuncia delle Sezioni Unite (cfr. n. 12348/2019), che costituisce un decisivo parametro di valutazione nella materia, la Cassazione ha deciso che la presenza di una pianta, in assenza di altri elementi che possano attestare un’attività di spaccio, ne dimostra l’uso esclusivamente personale.Di seguito, uno stalcio della sentenza: “Deve rilevarsi, affermano innanzitutto, i giudici che, “sul complesso tema dell’inquadramento dell’attività di coltivazione e sul rapporto tra tale attività e destinazione ad uso personale della sostanza stupefacente ricavata è intervenuta una significativa pronuncia delle Sezioni Unite (cfr. n. 12348/2019), che costituisce un decisivo parametro di valutazione. Le Sezioni Unite hanno posto al centro dell’analisi il profilo della tipicità, escludendo che potesse dirsi decisiva la mera destinazione soggettiva ad uso personale e dando invece rilievo al profilo oggettivo-strutturale, correlato alla compresenza di plurimi elementi, che devono convergere nel senso dell’esclusione del reato“.

In particolare, “è stata valorizzata la prevedibilità della potenziale produttività, quale parametro che consente di distinguere fra coltivazione penalmente rilevante, dotata di una produttività non stimabile a priori con sufficiente grado di precisione, e la coltivazione penalmente non rilevante, caratterizzata da una produttività prevedibile come modestissima“. E’ stato però sottolineato, aggiungono i giudici “che tale parametro, per poter operare con sufficiente certezza, deve essere ancorato a presupposti oggettivi – in parte già individuati dalla giurisprudenza – che devono essere tutti compresenti, quali: la minima dimensione della coltivazione, il suo svolgimento in forma domestica e non in forma industriale, la rudimentalità delle tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, la mancanza di indici di un inserimento dell’attività nell’ambito del mercato degli stupefacenti, l’oggettiva destinazione di quanto prodotto all’uso personale esclusivo del coltivatore, essendo per contro insufficiente la circostanza che la coltivazione sia intrapresa con l’intenzione soggettiva di soddisfare esigenze di consumo personale”.

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