Il settimanale Vita dedica un approfondimento alla questione, enorme per il suo impatto anche dal punto di vista sociale e politico, del narcotraffico in America Latina. Tanto per capire con tre soli numeri la portata economica delle organizzazioni criminali nelle droghe ilegali, si stima che il traffico di cocaina produca circa 500 miliardi di dollari di profitti annui e il complesso dell’economia criminale rappresenti circa il 3% del Pil mondiale, e ben il 10% in Italia. Per capire il cuore di questo potere criminale, è all’America Latina e in particolare al Messico che occorre volgere l’attenzione. I narcos in Messico diventano centrali negli anni ’90, quando dalla posizione defilata fin lì ricoperta nei traffici, passano, approfittando della concomitante crisi dei cartelli colombiani, al ruolo principale nella produzione, nella gestione dei traffici, nella determinazione del prezzo e nella decisione delle rotte. Negli anni ’00 inizia la feroce, e ancora in atto, guerra tra i cartelli messicani, che è da intendersi in primo luogo come lotta per l’egemonia dei traffici. “I cartelli, ancora oggi strutturati come una rete imprenditoriale con accordi e patti di vario genere e consistenza, e che lega tra di loro gruppi e singoli soggetti senza assoggettarli ad una struttura piramidale, sono oggi impegnati a gestire le varie fasi dell’attività. La loro struttura organizzativa è, infatti, capace di assolvere funzioni differenti e altamente specializzate nei variegati settori riguardanti la coltivazione delle piante (con esigenze di protezione e mimetizzazione), l’acquisto di foglie e di sostanze chimiche, il trasporto delle materie prime nella zona dei laboratori, il confezionamento della cocaina e la vigilanza dei depositi. Attività queste che, unitamente alla protezione dei capi, hanno comportato l’estrema militarizzazione dei cartelli dotati di unità armate, altamente qualificate ed impiegate nella protezione delle rotte che, sempre più spesso, vengono minacciate dai gruppi dediti esclusivamente ad attività di tipo predatorio. I rinomati Los Zetas, Los Pelones e Los Negros nascono, per l’appunto, come gruppi armati al soldo dei cartelli. Los Zetas in particolare, ad oggi famosi per la loro ferocia, nacquero ad opera di Osiel Cardenas Guillen leader del cartello del Golfo, che cercava persone di fiducia nel campo militare e, attraverso la conoscenza di alcuni ufficiali dell’esercito, organizzò una struttura in grado di proteggere se stesso ed eliminare persone scomode”.
La guerra fra cartelli ha provocato in Messico circa 100.000 decessi solo nell’ultimo decennio, oltre a un numero incalcolabile di rapimenti, stupri, atti intimidatori che spesso hanno come vittime comuni cittadini. La società civile messicana è duramente colpita da questi conflitti, che spesso hanno come oggetto il controllo del territorio e delle sue risorse. Ovviamente, tale situazione non sarebbe stato possibile senza complicità e coperture in settori della polizia, dell’Amministrazioen locale e dello Stato. “Tra le attività del gruppo criminale, anche quelle di intimidazione perpetrate nei confronti delle comunità indigene che popolano territori ricchi di risorse minerali, quali gas petrolio, o posizionate in zone strategiche. A titolo di esempio si pensi agli abitanti di Ciudad Mier, una città sita sul più grande giacimento di gas del Messico e in cui vive una piccola comunità dello Stato di Tamaulipas, fuggiti in massa per la violenza paramilitare; oppure a quelli della Valle di Juàrez, considerato il luogo più pericoloso del Messico per via di omicidi e minacce, dove di recente è stato costruito un nuovo passaggio di frontiera con gli Stati Uniti”.
L’articolo passa poi in rassegna la situazione negli altri paesi dell’America Latina, Colombia, Perù, Bolivia e Argentina che ricoprono ruoli importanti nella produzione e nel traffico di sostanze. Due sono le macro-destinazioni della cocaina: il ricco mercato nord-americano e l’Europa. Fondamentale, negli ultimi anni, il ruolo attivo assunto dalle organizzazioni criminali europee, in particolare l’ndrangheta, nel trovare nuovi canali e nuve modalità di snodo logistico per l’arrivo di cocaina. “La concentrazione della produzione di cocaina nell’America meridionale fa di questa area il punto di partenza di tutte le rotte che, nella loro parte iniziale, sono dei macroflussi diretti ai mercati di consumo. Se il Nord America è il luogo di approdo del primo macroflusso, un secondo è quello europeo che transita attraverso il Venezuela e l’area caraibica o per il Sud del Continente – Brasile ed Argentina. Decollando dalle coste dell’Atlantico, la droga diretta in Europa viaggia a bordo di narco-voli che spesso fanno scalo negli aeroporti dell’Africa occidentale. Nel territorio rimane il 20% della droga per incrementare il consumo locale mentre la restante parte viene smistata e destinata al mercato europeo a bordo di navi o altri mezzi di fortuna. Nella rotta verso l’Europa la ‘ndrangheta, nota organizzazione criminale calabrese, domina il mercato della polvere bianca nel vecchio continente, giocando un ruolo strategico e fondamentale per le alleanze con i narcos messicani. Soppiantando Cosa Nostra, la ‘ndrangheta è divenuta un partner perfetto grazie alla sua rete capillare che le consente di “piazzare” la droga su tutto il continente europeo. La organizzazione calabrese è stata dai messicani preferita a quella siciliana perché ritenuta – a ragione – più solida e affidabile stante un legame familiare che lega tutti gli affiliati e che riduce notevolmente il pericolo di collaboratori di giustizia”.