DONNE E GIOCO D'AZZARDO: UNA VIA "DISTORTA" ALL'EMANCIPAZIONE?

data di pubblicazione:

15 Febbraio 2016

donne GAPIl settimanale Vita intervista un esperto di gioco d’azzardo, Pietro Barbetta, che insegna Teorie psicodinamiche all’Università di Bergamo e dirige un Master sul gioco d’azzardo patologico, oltre a interessarsi trasversalmente di violenza e di tematiche di genere. E’ proprio sulle relazioni “distorte” esistenti fra gioco d’azzardo, autodeterminazione e donne che si sofferma Barbetta, per il quale il gioco d’azzardo va sempre analizzato, anche nelle sue componenti patologiche, come fenomeno sociale. Per lo studioso, i motivi della crescita di giocatrici d’azzardo nella popolazione femminile vanno ricercati, fra le altre cose, nel rapporto “illusorio” che le donne istaurano, attraverso la possibilità di vincita,  con la propria emancipazione. In un momento in cui i referenti collettivi per la donna, ad esempio i movimenti femministi, non hanno più la forza e la spinta del passato, le donne sembrano investire il gioco d’azzardo di una valenza simbolica di riscatto e di autonomia. Ovviamente, non è solo la debolezza di movimenti sociali in cui identificarsi a essere in causa, ma più in generale la mancanza di cultura, di socialità, di motivazioni che vanno al di là della sfera individuale e familiare. Afferma a riguardo Barbetta: “Se dentro la struttura della famiglia eterosessuale moderna non ci sono forme di emancipazione vera, come la cultura (teatro, cinema, studio, letture, musei, arte, musica, ecc.), si crea un’emancipazione falsa, illusoria, si va dentro la patologia. Le slot machine in queste nuove forme patologiche si configurano come soggetti attivi. Attori sociali: “la puntata”, l’ambiente, la macchina, il luogo, l’assnza di orologi, ecc. Si crea una trappola, un altro dispositivo si sottomissione.”

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