TRATTAMENTO COGNITIVO-COMPORTAMENTALE NELLA DIPENDENZA DA ALCOL

data di pubblicazione:

18 Settembre 2013

alcolIl confronto fra i diversi approcci scientifici e le diverse terapie nel campo dei trattamenti della dipendenza da alcol ha una lunga storia. In parte ciò è dovuto al fatto che le persone che soffrono di dipendenza da alcol mostrano, secondo quasi tutta la letteratura scientifica, una forte eterogeneità dal punto di vista dei fattori biologici, psicologici ed ezio-patogeni, rendendo perciò possibile l’adozione di interventi e trattamenti differenziati. La rivista “Dal fare al dire” propone un articolo su una ricerca, coordinata dal prof. Mauro Ceccanti del Dipartimento di Medicina Clinica  del Policlinico Umberto I di Roma, che ha coinvolto 15 centri italiani che si occupano di dipendenze da alcol, appartenenti a 8 regioni italiane.

Dei 523 pazienti su cui è stato effettuato lo screening, sono stati esclusi coloro che presentavano quattro condizioni (presenza di disturbi psichiatrici, presenza di deficit cognitivi, presenza di dipendenza da due sostanze psicoattive e comprensione del significato del test) al fine di sottoporre allo studio solamente individui con problematiche alcologiche il più possibili “pure”. Dei 523 pazienti, solo 190 hanno superato i criteri d’inclusione e sono stati assegnati in modo casuale ai due gruppi dello studio, uno sottoposto a terapia cognitivo-comportamentale, incentrata su cinque sessioni di colloquio, e l’altro al gruppo di controllo. Alla base della terapia cognitivo-comportamentale applicata in questa indagine al gruppo di alcolisti si pone l’idea clinica che l’obiettivo auspicato non è l’astinenza in sé, ma il raggiungimento da parte del paziente di una posizione “attiva” verso il problema di dipendenza, che lo metta effettivamente in grado di gestire al meglio le eventuali -ma probabili- fasi di ricaduta. I risultati dello studio mostrano che il gruppo sottoposto a tale terapia ha, seppure in modo non lineare, mostrato una maggiore adesione alla cura (e di conseguenza alla gestione del problema alcolcorrelato) rispetto al gruppo di controllo. “In generale, i risultati di questo studio sono in linea con quelli della letteratura internazionale che mostra come, quando viene offerta l’alternativa fra l’astinenza e il bere controllato mediante procedure cognitivo-comportamentali, i soggetti tendono a rimanere in trattamento più a lungo e ad usare in questo modo anche meno risorse professionali” (p. 29).

Giovanna Coriale et alter, Trattamento cognitivo-comportamentale nella dipendenza da alcol, Dal fare al dire, XXII, n. 2, 2013.

Disponibile c/o CESDA.

 

 

 

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