I test rapidi per la diagnosi di infezione da HIV sono eseguibili o su saliva o su gocce di sangue prelevate da dito, forniscono risultati in circa 10 minuti (alcuni in 2’) e hanno una accuratezza comparabile ai saggi ELISA.
La loro disponibilità ha permesso di stabilire immediatamente terapia e/o profilassi nei Pronto Soccorsi degli ospedali, nelle sale parto, negli studi medici di paesi dove il test non è offerto gratuitamente e anonimamente, in piccole banche del sangue e nelle sale autoptiche. Si sono inoltre rivelati di particolare utilità nei paesi a risorse limitate, per la loro semplice esecuzione e l’indipendenza da strumenti costosi e complessi.
I vantaggi di questi test sono rappresentati, oltre che dalla rapidità, dalla semplicità in quanto non necessitano l’aggiunta di reagenti e incorporano i controlli per escludere gli errori tecnici. Alcuni test possono essere conservati a temperatura ambiente e sono facilmente trasportabili. I saggi su goccia di sangue ottenuta da un dito non comportano né il prelievo, né la conservazione o eliminazione dei campioni come rifiuti speciali. Sono inoltre altamente flessibili in quanto saggiano materiali biologici diversi. Lo svantaggio è rappresentato dal loro costo relativamente alto.
Nella prevenzione
In teoria, secondo stime del CDC, le nuove infezioni per via sessuale potrebbero essere ridotte del 30% ogni anno se tutte le persone con infezione conoscessero il loro stato sierologico. Nel nostro paese si stima che circa 150.000 persone abbiano contratto l’infezione da HIV e circa 1 su 4 sia inconsapevole dell’infezione. Inoltre, ogni anno si verificano intorno a 4.000 nuovi casi. Le strategie di offerta dei test rapidi sono state sviluppate, di conseguenza, sia per fornire assistenza e cura a queste persone, sia per ridurre il rischio di trasmissione a nuovi soggetti. Anche se viene consigliato agli adulti, agli adolescenti e alle donne gravide di sottoporvisi volontariamente (e routinariamente in caso di comportamenti a rischio), l’esecuzione del test comporta timori e riluttanze. Alcuni di questi possono essere ridimensionati se in una sola visita si effettua il test e si fornisce sia il risultato sia un counseling appropriato. La facoltà dei soggetti di rifiutare il test deve essere salvaguardata oltre che come diritto per sé, anche per facilitare la relazione medico-paziente. Il ‘miglioramento’ del test rappresentato dalla possibilità di avere contestualmente il suo risultato ha l’obiettivo di aumentare le possibilità di screening, identificare le persone sieropositive e fornire loro un counseling adeguato per fornire una assistenza medica appropriata e ridurre la trasmissione di HIV. Sia la rapidità del test che permette di fornirne subito il risultato, sia la disponibilità dei materiali sui quali il test viene eseguito (saliva o goccia di sangue prelevata da un dito), sono importanti per approcciare le persone, per ottenere il consenso al test, indirizzarle al trattamento se necessario e invitarle alla notifica della loro condizione ai partner.
In Pronto Soccorso
Uno studio inglese del 2010 ha valutato i risultati dell’offerta del test da parte di personale dedicato e con il supporto di un video informativo a tutti coloro che arrivano in Pronto soccorso. Nel 53% dei pazienti eleggibili l’offerta era appropriata e il test, dopo la visione del video, è stato accettato dal 23%. Il 93.6% di coloro che ha accettato di vedere il video e non aveva avuto un test recente ha deciso di effettuare il test.
Nel caso di primo risultato positivo veniva fatto un esame di conferma e il paziente veniva preso in carico dalla struttura assistenziale. Fattibilità, accettabilità e costi sono state valutati con appositi parametri. Anche se con questo modello di intervento una consistente quantità di soggetti non viene raggiunta, i risultati hanno indicato che questo tipo di prevenzione è accettabile, fattibile, efficace e a basso costo.
Nell’infezione acuta
La rilevazione dell’infezione acuta rimane un problema clinico e di laboratorio. Oggi viene effettuata mediante la detezione degli acidi nucleici seguita dalla rilevazione degli anticorpi con ELISA di ultima generazione che rileva precocemente sia anticorpi che componenti del virus.
La sensibilità e l’efficienza dei test rapidi nella infezione acuta è stata valutata in uno studio del CDC comparandola all’amplificazione degli acidi nucleici e a ELISA di 3° e 4° generazione. Quando era in atto una sieroconversione, i test rapidi sono stati in grado di rilevare una infezione acuta solo nel 22-33% dei campioni, rispetto al 55-57% dei saggi di 3° generazione e all’86-88% dei saggi di 4° generazione. Ciò indica che lo screening mediante ricerca degli acidi nucleici rimane fondamentale per la diagnosi di infezione acuta. Un ulteriore studio del CDC ha comparato l’uso del test rapido all’impiego ripetuto di ELISA a intervalli successivi all’eventuale trasmissione in 3 setting diversi (una clinica di malattie sessualmente trasmesse, un ambulatorio per uomini che fanno sesso con uomini e un ambulatorio di screening e counseling dell’infezione da HIV) valutando i costi e i benefici dell’intervento dal punto di vista sociale. Le variabili considerate includevano le frequenze di casi di infezione acuta, la frequenza dell’uso del test ELISA e i costi. L’analisi ha indicato che lo screening dell’infezione acuta mediante pool di acidi nucleici seguita da saggi ELISA o test rapidi ha vantaggi in termini di costi solo nei setting dove l’incidenza dell’infezione è molto elevata.
Nelle donne in gravidanza
È noto che il rischio di trasmissione alla nascita varia dal 15% al 40% ma può essere ridotto all’1-2% dove la terapia antiretrovirale è disponibile. Anche quando la sieropositività della madre non era stata precedentemente documentata, la terapia somministrata durante il parto può ridurre del 62% la trasmissione. Su queste basi i CDC, come molti altri organismi nazionali analoghi, hanno raccomandato lo screening universale delle donne gravide. Tuttavia, per esempio negli USA al 2008, fino al 4% delle donne gravide erano non note per la loro positività al momento del parto.
L’impiego dello screening durante il parto mediante test rapidi è stato quindi indagato in alcuni studi americani che hanno inoltre dimostrato che il test viene molto bene accettato dalla grande maggioranza delle donne (l’opzione positiva delle donne per l’esecuzione del test, detta opt-in, è stata verificata in oltre l’85% delle gravide). Lo studio MIRIAD, che ha riguardato oltre 12.000 donne in 17 ospedali, una sorveglianza di 20 anni dello stato di New York e una iniziativa condotta in Illinois su oltre 1 milione di partorienti in 7 anni, hanno prodotto evidenze inequivocabili sulla fattibilità, accettabilità e l’accuratezza del test rapido impiegato al parto.
Queste analisi avevano anche messo in evidenza che la sieroprevalenza di HIV nella popolazione delle donne che arrivano al parto senza aver una documentazione del loro stato sierologico era significativamente più alta di quella delle donne che si erano sottoposta al test in precedenza (rispettivamente 0.16% e 0.09%). Come conseguenza dell’uso del test rapido alla nascita si è verificata negli USA una diminuzione (dal 14% nel 1999 al 3% nel 2008) delle donne con stato sierologico non noto ed ha avuto un effetto ‘a monte’ anche sull’incremento delle donne che si sono sottoposte al test prima della nascita.
Le donne che arrivano al parto senza aver eseguito il test sono coloro che per ragioni economiche o culturali non hanno avuto una assistenza prenatale e, molto frequentemente, sono più a rischio di essere sieropositive: per questa ragione il test rapido eseguito tempestivamente prima del parto ha un forte valore predittivo e una marcata utilità in questa popolazione fragile. In Italia, dove è aumentata considerevolmente la popolazione delle donne emigrate dai paesi ad alta endemia per l’infezione da HIV, lo screening prima del parto ha permesso la prevenzione di un considerevole numero di casi di trasmissione materno-fetale, come documentato da uno studio collaborativo italiano.
Le tecniche
I saggi ‘dot blot’ o ‘immunoblot’ incorporano controlli per l’esecuzione corretta del saggio; in caso di risultato positivo, determinano la formazione di una ‘macchia’ su un supporto solido permettendo l’identificazione sia di HIV-1 sia di HIV-2. I nuovi saggi cromatografici consistono in piccole cartucce piatte di plastica o di carta dove il sangue intero, la saliva o il siero vengono fatti defluire rapidi (a flusso laterale) su una fase solida impregnata di reagente (proteina A su oro colloidale) che lega gli anticorpi e ne permette la visualizzazione. Alcuni saggi impiegano la tecnologia a sandwich.
Lo studio
Un lavoro italiano (Laboratorio di Virologia e Dipartimento di Malattie Infettive dell’Ospedale San Raffaele di Milano) ha comparato la performance di un test rapido (Rapidtest HIV® lateral flow-Healthchem diag. LLC) rispetto a un saggio ELISA di ultima generazione che permette di rilevare gli anticorpi precocemente (3-4 settimane) dopo l’infezione. I risultati hanno indicato che la sensibilità del test era molto elevata (99.1%, 1 campione falso negativo su 121) e la specificità era del 98.8%. La specificità era dovuta a 5 campioni falsi positivi di cui 3 erano positivi anche in ELISA e aumentava al 99.2% se questi 3 venivano esclusi dall’analisi. Lo studio ha dimostrato che il test rapido studiato è migliorabile ma efficiente e i campioni biologici ‘alternativi’ al classico prelievo possono contribuire alle strategie di prevenzione raggiungendo larghi strati di popolazione quando le procedure di screening sono di difficile applicazione. (Maria Rita Parisi, Laura Soldini, Giovanni Di Perri, Simon Tiberi, Adriano Lazzarin, Flavia B. Lillo. Offer of rapid testing and alternative biological samples as practical tools to implement HIV screening programs. NEW MICROBIOLOGICA, 32, 391-396, 2009).
Articolo di Claudia Balotta, ospedale L. Sacco di Milano
Fonte: Anlaids