ALCOL: I RISCHI IN GRAVIDANZA

data di pubblicazione:

18 Settembre 2014

fasSi è celebrata lo scorso 9 settembre la giornata mondiale della sindrome feto-alcolica.
Sono circa 70 milioni le persone che in tutto il mondo soffrono delle conseguenze dell’esposizione all’alcol prima della nascita, nel grembo materno.
Difetti alla nascita, disturbi dell’apprendimento, problemi comportamentali e malattie mentali sono i disturbi più comuni, che vanno sotto il nome di spettro dei disordini feto-alcolici (Fasd) da cui risultano affetti circa l’1% dei bambini negli Stati Uniti e almeno il 2% in Europa. Per evitarli basta scegliere di non bere in gravidanza. Questo il messaggio lanciato in occasione della giornata mondiale della sindrome feto-alcolica. Per l’occasione, la European Fasd Alliance (Eufasd) presenta “Too Young To Drink“, una campagna di comunicazione, messa a punto da Fabrica, un centro di ricerca per la comunicazione italiano. Alla campagna partecipano oltre in 20 Paesi. Anche l’Italia fa la sua parte e, rappresentata dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss), promuove, insieme al centro di alcologia del Policlinico Umberto I e all’Eufasd, il terzo convegno europeo sulla Sindrome feto alcolica, in programma a Roma il 20 ottobre.

Proteggere la salute del bambino è una responsabilità della madre e un impegno della società.
Essere donna nel terzo millennio è vivere e sentirsi in maniera profondamente più complessa rispetto a quanto le precedenti generazioni femminili hanno avuto modo di sperimentare nel corso della loro vita. Per molte donne, se non per tutte, gli stili di vita si sono drasticamente modificati di pari passo al nuovo ruolo che la donna, a partire dagli anni sessanta, ha progressivamente acquisito in ambito familiare e sociale. Attraverso i cambiamenti si sono fatti strada anche comportamenti in precedenza socialmente considerati prerogativa del sesso maschile e giudicati “sconvenienti” per il sesso femminile come quelli legati all’abitudine al fumo e al bere.
Il consumo e l’abuso delle bevande alcoliche è un fenomeno approdato di recente nell’universo femminile. La progressiva riduzione nel numero di donne astemie registrato nel corso degli ultimi venti anni e la diffusione del bere tra le ragazzine e le adolescenti è un indicatore significativo dell’ampliamento dell’esposizione al rischio alcol-correlato del numero di consumatrici il cui organismo, a differenza degli uomini, presenta una maggiore sensibilità e vulnerabilità fisiologica anche in funzione di condizioni esclusivamente femminili come la gravidanza e l’allattamento.

È un importante scopo della prevenzione cercare di garantire una informazione corretta ed esauriente che contribuisca a rendere le donne maggiormente abili e capaci nella gestione del bere, evitando di esporle agli effetti di una probabile inesperienza connessa all’adozione di un comportamento relativamente nuovo per intere generazioni e che si estende anche a chi, accanto alle donne, vive negli ambiti familiari, lavorativi, sociali.
Il ruolo femminile legato alla maternità, alla cura e all’educazione dei figli, all’attività lavorativa e all’importante e specifico contributo che essa stessa fornisce alla società attraverso la sua identità di donna, di madre, moglie, lavoratrice rappresenta un fattore chiave dell’efficacia delle iniziative che possono contribuire a ridurre l’impatto dell’alcol sull’intera collettività.

In Italia, le evidenze proposte dall’Osservatorio Nazionale Alcol dell’Istituto Superiore di Sanità hanno dimostrato come l’abitudine al bere dei genitori, del donne in particolare, influenzi fortemente il modello di consumo alcolico dei componenti. Le informazioni utili per rendere più consapevoli le donne della maggiore vulnerabilità ai rischi e ai danni correlati al consumo di alcol sono tante e non tutte semplici da esporre. Nel corso degli anni tutte queste evidenze sono state raccolte in libretti e opuscoli dell’Istituto Superiore di Sanità, allo scopo di fornire una serie di informazioni basate sull’evidenza scientifica la cui finalità è quella di favorire una riflessione ed una conseguente attivazione personale sulla necessità di porre attenzione ad un comportamento comune, il bere, e alle possibili conseguenze dannose prodotte dall’alcol evitando che possa giungere a nuocere o a minacciare la salute e la sicurezza della donna e di chi la circonda.

Riflessione che deve partire soprattutto dalle stesse donne, sicuramente più esposte ai rischi non trascurabili di violenze psicologiche, relazionali e sessuali causate spesso dall’abuso alcolico o dall’alcoldipendenza altrui . L’alcol che la donna beve in gravidanza finisce nel futuro del suo bambino. Conoscere l’alcol contribuisce a ridurre il rischio, qualunque esso sia; una donna che sa può scegliere meglio non solo per lei ma anche per i propri figli.

Emanuele Scafato

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