Il Binge Drinking letteralmente “abbuffata alcolica”, è praticato generalmente in occasione di feste o durante il fine settimana, è un fenomeno molto diffuso tra gli adolescenti la cui finalità è il rapido raggiungimento dello stato di ebbrezza.
Alcuni ricercatori statunitensi hanno identificato un circuito nel cervello che potrebbe essere manipolato in modo da controllare il desiderio di bere in modo smodato.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Biological Psychiatry, i ricercatori della University of North Carolina a Chapel Hill hanno identificato questo circuito localizzato tra due aree del cervello – l’amigdala estesa e l’area tegmentale ventrale – già collegate in passato per avere uno stretto rapporto con l’alcolismo. Tuttavia, questa è la prima volta che entrambe vengono identificate proprio come un circuito funzionale.
L’amigdala estesa è infatti nota da tempo per la sua risposta all’ansia ed allo stress psicologico tipico nei soggetti che hanno perso un lavoro o una persona cara; mentre l’area ventrale tegmentale risponde alle proprietà gratificanti indotte dal cibo, incluso l’alcol.
La ricerca dimostra che l’alcol – fattore di stress fisiologico – attivi i neuroni nell’amigdala estesa, innescando di conseguenza l’area tegmentale ventrale. Le osservazioni sui topi hanno di fatto dimostrato che, nel momento dell’assunzione di alcol, l’amigdala estesa impatti in modo significativo sulla zona ventrale tegmentale promuovendo la voglia di continuare a bere. Lo “spegnimento” di questo circuito potrebbe in sostanza ridurre questo fenomeno.
Todd Thiele, del dipartimento di UNC-Chapel Hill di psicologia e neuroscienze, spiega di essere arrivato ora a comprendere maggiormente il funzionamento di queste regioni del cervello e di come la modulazione di stress e ricompensa siano parte di un circuito funzionale che controlla il binge drinking: manipolando il sistema CRF, l’ormone di rilascio della corticotropina, aprirà nuove vie per il suo trattamento. Thiele è infatti convinto che questi risultati potranno aiutare a scoprire terapie efficaci atte ad impedire in futuro la dipendenza all’alcol, soprattutto nella fase di adolescenza in cui la probabilità di diventare alcolista-dipendente è molto più alta.
Intanto in Italia il Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Milano – Bicocca in collaborazione con lo University College London (Ucl) ha sviluppato un App per smartphone, una sorta di guardiano anti-binge drinking e pensata per proteggere i ragazzi dai suoi pericoli. Si chiama D-Arianna ed è in via di sperimentazione nei luoghi della movida milanese.
Una Healt App che parla italiano e inglese, e promette di dimezzare in 2 settimane il rischio di abbuffate alcoliche nei giovani.
Si definisce binge drinking – ricordano dalla Bicocca – l’assunzione consecutiva di più di 5 bevande alcoliche per gli uomini e 4 per le donne.
L’efficacia del nuovo “guardiano digitale” è stata dimostrata in uno studio pubblicato sul Journal of Adolescent Health, che ha coinvolto 507 giovani tra i 18 e i 24 anni (264 donne e 243 uomini), reclutati vicino a pub, discoteche e aree concertistiche dell’area metropolitana di Milano.
Tra le domande proposte dall’app, il rapporto con alcol, fumo e droghe a livello personale e nella propria cerchia di amici, l’età in cui si è iniziato a fare uso di alcol e altre sostanze, il successo negli studi, l’attività lavorativa svolta, il background familiare e sociale, le convinzioni riguardo agli effetti, anche sociali, prodotti dall’uso dell’alcol.
Sulla base delle risposte, combinando i pesi relativi dei fattori correlati al binge drinking, derivanti dalla meta-analisi, attraverso un’equazione di stima del rischio, si è ottenuto un unico punteggio complessivo e sono stati individuati tre livelli di rischio: basso (0-43%), moderato (43.1-82%), alto (82.1-100%). Dopo 2 settimane è stato fatto ripetere il test, ed eseguendo lo stesso calcolo è emerso che il fenomeno del binge drinking tra i partecipanti si è più che dimezzato, passando dal 37% al 18%.
L’applicazione è stata messa a punto nell’ambito di una ricerca condotta da Giuseppe Carrà e Massimo Clerici, rispettivamente ricercatore e professore associato di psichiatria in Bicocca, insieme a Paul E. Bebbington, professore emerito di psichiatria presso l’Ucl ed è stata sviluppata dalla software house Eikondata in due versioni, rispettivamente in lingua italiana (Android, iPhone) e inglese (Adroid, iPhone). La ricerca è stata finanziata dalla Fondazione della comunità Monza e Brianza onlus, sostenuta dalla Fondazione Cariplo.
“La combinazione tra il rigore metodologico della ricerca sulla prevenzione dei fattori di rischio con la tecnologia – commentano Carrà e Clerici – si è dimostrata efficace e interessante per la popolazione giovanile, che ha molta dimestichezza con gli smartphone“.
L’App è scaricabile gratuitamente da Google Play e Apple Store, D-Arianna è stata inserita nella National Health Apps Library del Regno Unito.